Cyberpunk 2077 – Recensione: Con il senno del poi…

Premessa.
Se avete letto questa recensione di Cyberpunk 2077 appena pubblicata, potreste trovarla diversa da come la trovate ora, il motivo è che è stata aggiornata in favore di alcune critiche, assolutamente ragionevoli, che mi sono state mosse da un lettore. Ero stato superficiale nell’affrontare alcune tematiche. Non è cambiato nulla della valutazione, ho solo approfondito e chiarito alcune questioni.


Non giriamoci attorno. Sapete già tutto ciò che c’è da sapere di Cyberpunk 2077. A questo punto non è più solo un videogioco, è un fenomeno mediatico. Sin da quando si seppe ufficialmente della sua esistenza, da qualche parte intorno al 2012, non ha fatto altro che far parlare di sé. I seguaci dei giochi di ruolo CDPR ricorderanno sicuramente il fascinoso primo teaser, poi venne il periodo in cui la gente chiedeva una data d’uscita e gli sviluppatori glissavano con battute. Indimenticabile lo “you’re breathtakig!” di un impacciato Keanu sul palco dell’E3, quando annunciò la supposta data di uscita. E di supposta, in effetti, si trattava, anche bella grossa, visto il recidivo rinviare ad un tiro di schioppo dalla data fatidica, con quelle che ormai oggi sappiamo essere evidenti scuse per nascondere l’arretrato stato dei lavori.
Immancabile poi il ritorno ad un vecchio classico dei Projekt RED, ossia il crunch dei dipendenti o gli episodi di hype riflesso sulla community dei bimbiminkia, con le minacce di morte gli sviluppatori.
Quando si raggiunge questo grado di notorietà è complicato parlare solo del videogioco. Così come in tutti gli altri ambiti dell’internettezza, ciò che è #trending cessa di essere un argomento e diventa un contenitore di aspettative. È proprio da qui che partiamo: le aspettative.



Le aspettative non contano


Tutti aspettavano Cyberpunk 2077. Anche chi non è interessato ai giochi di ruolo o non conosceva i CDPR (CD Project RED). Quando poi è uscito, in quello stato che andremo ad analizzare dopo questo noiosissimo e lunghissimo preambolo —mi nutro del vostro odio—, è scoppiata la bolla. Il festival del commento è ufficialmente iniziato. Il programma della giornata ha visto avvicendarsi spettacoli di shitstorm pirotecnici a ingegneri informatici laureati all’università della vita. Questi due li ignorerò, perché c’è un grado di decenza oltre il quale ci si immerge a proprio rischio e pericolo. Parliamo invece di chi ha scoperto all’improvviso che Cyberpunk 2077 non era né GTA né Skyrim.
Era chiaro a chiunque conoscesse i CDPR che non sarebbe stato così, ma giustamente chiunque approcciava il titolo tanto discusso aveva riversato in esso le aspettative del proprio genere di riferimento. I CDPR non sono parte lesa in tutto questo, perché hanno continuato a sparare alto.
Prendiamo un esempio fra tutti: la personalizzazione esagerata del personaggio, con quella trovata marketing delle dimensioni del pene.


Cyberpunk 2077

Ci si aspettava forse un meccanismo di slide che potrei paragonare a un Oblivion —scelto solo per specificare l’anno, ossia il 2006— e invece ci si è trovati di fronte ad una limitata selezione di pre-impostati. C’è qualcosa di male? No, decine di giochi, anche tripla A, escono ancora oggi con quel meccanismo e nessuno l’ha mai percepito come un problema se non quando ci si aspettava altro per colpa di un marketing fumoso ed esagerato.
Si potrebbe citare la città sandbox, che invece di GTA V ricorda più che altro un Saints Row The Third, anno 2011.
Non ho mai sentito nessuno lamentarsi che in quel capolavoro indiscusso di The Witcher 3 non si possa entrare in tutte le case o raccogliere gli oggetti, invece per Cyberpunk 2077 è così. Poco importa specificare che per il tipo di gioco che è Cyberpunk 2077, ossia un’avventura narrativa e non un gigantesco parco giochi poligonale (come ad esempio poteva essere Skyrim), tali libertà sono controproducenti e lesive all’immersività. E non è importante perché i Projekt RED si sono scavati la fossa da soli.
Non accetto la giustificazione che la colpa non sia dei CDPR, ma del reparto marketing di riferimento, perché avalla l’idea odierna che chiunque possa dire qualsiasi cosa impunemente; perché tanto si sa che si spara alto per far rumore. Per quanto mi riguarda non è così. Le parole hanno un peso e se il tuo social media manager promette cose che non puoi mantenere lo licenzi e te ne assumi la colpa. Non lo fa nessuno? Beh, allora abbiamo un problema e finché ci facciamo andare bene tutto allora non ha senso nemmeno lamentarsi. Detto ciò, ripeto, non sto nemmeno giustificando le suddette critiche insensate, sto semplicemente tagliando fuori le aspettative dall’equazione, perché non contano.


Cyberpunk 2077

Cosa aspettarsi quindi?


Chi conosce la casa di produzione lo sa: un gioco di ruolo con una eccelsa qualità narrativa e una maniacale cura nei dettagli. Si, non sono impazzito, ho detto una maniacale cura nei dettagli, non una produzione impeccabile. Sono due cose diverse. Per intenderci, se avete la cura di girare per Night City e soffermarvi a guardare cosa fanno le persone, gli spot pubblicitari, le stanze e l’arredamento di qualsiasi edificio, se vi mettete a leggere le discussioni etiche sull’avvento della cibernetica, troverete una diversificazione e un’attenzione alla qualità davvero encomiabile. Da quel punto di vista Cyberpunk 2077 non delude, anzi, attinge a piene mani dall’universo di William Gibson e ne costruisce una propria interpretazione. Parleremo di Night City in un paragrafo dedicato, perché c’è molto da dire.
Alla città frega poco dei massacri che fate in giro, la polizia smette di inseguirvi quasi subito. Non è lì che sta il divertimento e il gioco non ve lo incentiva. Il tempo di qualità lo passerete districandovi tra un quantitativo esagerato di quest, tutte corredate di una storia che ha portato a quella situazione.
La trama principale abbaglia con regia e personaggi. Cyberpunk 2077 si accanisce sulla prima persona esplorandola in tutte le sue sfaccettature, dal sesso, alla guida (in realtà praticamente impossibile in prima persona, ma spesso e volentieri sarete all’interno dell’abitacolo anche come passeggero), senza dimenticare la semplice gestualità durante i dialoghi. Di rimando, questa cosa vi trascina dentro lo schermo e fa anche la sapiente cosa di tirarvi un ceffone (cioè farvi voltare) ogni volta che sta succedendo qualcosa di importante. Non so voi, ma io mi sono perso l’80% degli eventi di Bishock Infinite, perché mentre succedevano le cose io stavo rovistando nella spazzatura in cerca di cibo. Caspita, suona triste detto così.
Quando si ha a che fare con i personaggi principali ci si dimentica dopo mezzo secondo che si è all’interno di un gioco. Johnny Silverhand (aka Keanu Reeves) è ovviamente la Monnalisa della produzione. Sprizza carisma dal buco del culo —è il gioco stesso a riconoscerlo, in uno slancio di modestia, quasi con le stesse parole— e basta seguire la trama per accorgersi di quanto sia complesso e sfaccettato. Non mi avventuro negli spoiler ma vi garantisco che sarà un inseparabile compagno di viaggio per tutta l’avventura.



Senza tirare in ballo sua maestà Keanu in persona e limitandoci agli altri personaggi non si può fare a meno di notare come tutti siano credibili e sfaccettati. Le quest che li riguardano sono studiate a puntino per far risaltare il loro carattere evidenziando punti di forza, ma anche le inevitabili debolezze. Spesso e volentieri, una volta raggiunto il punto esclamativo, non dovrete nemmeno sfoderare armi, ma semplicemente passare un piacevole pomeriggio davanti al barbecue, oppure immergervi in una sessione di diving per esplorare una città sommersa. Con quasi tutti quelli papabili di romance vi troverete a discutere di aspettative e rimpianti davanti a panorami mozzafiato e dei volti incredibilmente espressivi. Il doppiaggio italiano scomoda monumenti nazionali del taglio di Luca Ward (doppiatore, tra le altre cose, di Keanu Reeves) e altri di ambito cinematografico. 
Parlare di quanto sia reattiva la trama in merito alle vostre scelte è difficile senza fare una lunga serie di esperimenti e questo è lodevole.
A differenza di come succedeva in The Witcher, Cyberpunk non ti segnala in tutti i modi possibili e immaginabili quali sono le scelte che avranno delle conseguenze e non ti fa il pippone a fine capitolo per mostrarti in che modo hai rovinato la vita di chi ti sta intorno. Spesso e volentieri non si tratta nemmeno di opzioni di dialogo, ma di ciò che fate materialmente nel gioco, ad esempio salvare o meno la vita ad una persona.
Le variazioni sono minime il più delle volte, ciò che invece cambia radicalmente sono la parte introduttiva e la parte finale. Il primo in base al background del personaggio, il secondo in base a ciò che avete fatto e come decidete di affrontare l’ultima missione.
Non mi dilungo ulteriormente. I punti di forza di Projekt RED ci sono tutti e al massimo splendore.


Cyberpunk 2077

Bug e console


Questo è l’argomento su cui si è già detto tutto. Metto anche i miei due cents.
Si: i bug del day one erano una quantità abnorme ma non si sono mai verificati crash del gioco. Mentre vi scrivo è “on air” la patch 1.06 e la situazione va migliorando, ma molto lentamente. Non siamo ancora di fronte ad un gioco pulito. Se da una parte è vero che giocandolo su PC ho vissuto in una piccola isola (quasi) felice, e che i bug mi infastidivano, ma non mi impedivano di fare nulla; è pur vero che a lungo andare questa cosa ha stancato. Alcune dinamiche sono più fragili di altre, ad esempio durante la prima run ho configurato il personaggio interamente sull’hacking e ho avuto molti problemi di puntamento o di interfaccia. La pausa tattica ogni tanto si prendeva delle libertà non ben definite. Non si presentavano OGNI volta, ma comunque in media due o tre volte a sessione e in circostanze parecchio frustranti. Ora l’ho ricominciato con un nuovo personaggio specializzato nell’arma bianca e di bug invalidanti ne trovo pochi.
Non ho mai avuto rallentamenti esagerati e questo con una configurazione PC di poco più di mille euro. Si, Cyberpunk 2077 non regge i 60 FPS ed è ottimizzato male, ma la virilità hardware la lascio a chi piace fare la gara di lunghezza del pene. Raramente il frame rate scendeva sotto i trenta e nel mio dizionario questo vuol dire non provocare il minimo fastidio; ho questa strana idea di comprare i giochi per giocarci e non per fapparmi sul 60 fisso nell’angolo dello schermo. Sarò strano.



Mi rendo conto che l’esperienza (soprattutto grafica e prestazionale) sia profondamente diversa per i possessori delle console, ma non avendolo provato in prima persona non posso esprimere giudizi. Posso azzardare che le opinioni siano diverse a seconda di cosa uno cerchi in un gioco. Se, giustamente, voleva provare l’esperienza completa (come promesso) è assolutamente legittimo lamentarsi e chiedere un rimborso. Se invece l’intenzione era quella di goderselo anche a patto di profondi sacrifici è plausibile che possa comunque ricevere soddisfazione dai punti di forza CDPR, che in gran parte risiedono nella scrittura. Quale che sia la preferenza, personalmente credo che la CDPR si sia comportata in maniera incresciosa a fronte delle continue dichiarazioni menzognere (era un modo professionale per dire “minchiate”) riguardanti le console o lo stato dei lavori. Se chiedete a me non ho dubbi nel dire che merita una seconda occasione perché, oggettivamente, le sue produzioni fino a Cyberpunk sono sempre state eccelse e non è ammissibile seppellire di merda un produttore che si è sempre distinto per la qualità dei suoi titoli al primo sgarro. Di sicuro il cammino per recuperare la credibilità persa dopo una caduta simile è arduo e difficoltoso.
È altresì vero che il giudizio è una cosa che riguarda ognuno di voi. Ne io, né nessuno di voi, ha il diritto o la sacra missione di decidere per gli altri.



Giocarlo una volta non basta


In fatto di meccaniche Cyberpunk è incredibilmente sfaccettato, tanto che in una singola run è impossibile farsi un’idea del completo potenziale.
Il personaggio può essere costruito a partire da tre diversi background che offriranno opzioni di dialogo aggiuntive, spesso risolutive per situazioni che implicano quelle conoscenze. L’approccio è quello di un gdr narrativo, per intenderci, quelli dei tempi in cui la Bioware era il punto di riferimento: risposte multiple con parecchi stat check che offrono linee di dialogo aggiuntive, sia risolutive, sia di semplice approfondimento. Anche altri ambiti del gioco si avvalgono delle abilità, ad esempio sarà necessario un certo grado di forza per impadronirsi delle auto trascinando fuori il guidatore, mentre invece per scassinare le porte degli edifici ci si dovrà avvalere della propria competenza tecnica.
L’approccio al combattimento è molto vario a seconda di come decidete di costruire il personaggio. Gli alberi abilità sono così tanti e articolati che in un’ unica giocata, anche soffermandovi a livellare più del dovuto, riuscirete ad acquisire meno di un quinto dell’offerta totale.
Diciamo che le linee principali si dividono in stealth, combattimento corpo a corpo, armi da fuoco e hacking. Avrete l’assoluta libertà di mescolarle come più vi piace, ma scegliere la via purista è ciò che metterà in luce le grosse differenze.



Arrivare a completare l’albero hacking nella prima giocata mi ha reso un dio in terra che dalla comodità del proprio nascondiglio faceva sì che i nemici semplicemente si spegnessero o attaccassero i propri compagni, spesso senza nemmeno il bisogno di entrare nell’edificio. Questo comunque è l’end-game, nelle prime ore l’avevo abbinato all’approccio stealth, ma nulla vieta invece di mescolarlo con qualcosa di più action. Combattere con l’arma bianca significa invece gettarsi in mezzo ad una pioggia di proiettili per fare collezione degli arti dei nemici. Il colpo violento offre anche una soddisfacente fatality che trancerà la testa a chi date il colpo di grazia. Anche qui, partendo da una rischiosissima serie di corse forsennate per salvarsi la vita nelle prime ore, si arriva ad essere un danzatore in grado di spostarsi liberamente tra i bersagli e castigarli… intimamente.
Semplicemente menzionando gli altri alberi abilità l’approccio si differenzia ancora a seconda della tipologia di armi che utilizzate (fucile d’assalto, fucile da cecchino, pistola, fucile a pompa) o che create, perché nulla vieta di smontare gli oggetti “droppati” dai nemici per poi costruire tutto ciò che popola i vostri sogni bagnati di sterminio di massa.
Non bisogna dimenticare poi che siamo in un mondo Cyberpunk, e già a suo tempo Deus Ex ci aveva insegnato quanto può essere letale un corpo umano con impianti cibernetici. Il teaser dell’annuncio ci aveva mostrato le lame da mantide nascoste nell’avambraccio, ma potete sempre cromare le vostre mani per trasformarle in mazze devastanti, oppure imbottire il vostro corpo di sistemi di difesa, o stendere un’armatura sottopelle.  Insomma, gli elenchi sono noiosi, avete capito.
Passiamo alla domanda d’obbligo. È bilanciato tutto questo? La difficoltà standard smette ben presto di essere una minaccia non appena avete abbastanza punti da essere a metà strada verso la direzione che avete intrapreso. La modalità difficile sa castigare più severamente atti di presunzione.
Per quanto riguarda le quest, soprattutto quelle secondarie, è sempre buona norma fare una perlustrazione della zona che dovremo assaltare, perché spesso e volentieri si trovano vie alternative che favoriscono l’approccio stealth o, quantomeno, scelte più tattiche di entrare ad armi spianate urlando “Vostra madre era un tostapane!”.



Tutto ciò che sta attorno ciò che compete il gioco di ruolo è invece più raffazzonato. Le meccaniche alla GTA non ho mai capito il perché le hanno introdotte e comunque si integrano male. Se potete rubare qualsiasi veicolo in città, non lo potete comunque tenere, perché le vostre auto sono limitate a quelle che comprate. I veicoli in generale hanno una fisica diversificata per le varie tipologie che vanno dal plausibile all’inconcepibile. Le moto sgommano verticali, come se fossero automobili. La minimappa non tiene conto della velocità in cui viaggiate ed è come quell’odioso amico che ti dice la curva in cui dovevi svoltare solo dopo averla passata. Night City è popolata interamente di vecchi con il cappello che viaggiano a due chilometri orari e di fronte ad un imprevisto vanno in schermata blu, creando una coda apocalittica nell’immobilità più totale.
Qualche imprecisione la si trova anche nel resto. L’intelligenza artificiale non brilla per acume o per strategia e si limita ad essere divertente senza ambire a diventare imprevedibile.
La gestione dell’inventario farebbe risparmiare un sacco di tempo se consentisse di fare azioni di gruppo. Il puntamento,  soprattutto per quanto riguarda gli oggetti da raccogliere o i bersagli lontani, ogni tanto decide in autonomia cosa evidenziare.


Night City


Night City è sicuramente un’esperienza che vale la pena provare. C’è però da fare una piccola precisazione a chi conosce gli universi di William Gibson o anche solo del gioco di ruolo cartaceo di Cyberpunk. Night City non è niente di così esagerato. L’ambientazione non evoca quel clima malinconico e cupo di Blade Runner. Non ha lo stesso fascino putrido e caotico delle recenti produzioni, a tratti un po’ noir, di Shadowrun. Night City non è coerente o poetica, non impone una narrazione fatta di neon e scarafaggi, al contrario, è estremamente varia e credibile.
Girare per Night City significa esplorare quartieri molto diversi gli uni dagli altri, popolati da tipologie di persone diverse. Nel centro della città i distributori automatici si chiamano letteralmente macchine per la soddisfazione spontanea di voglie e hanno il solo scopo di anticipare i vostri immediati bisogni consumistici sia che riguardino cibo, preservativi o addirittura armi. Le pubblicità e gli schermi sono ovunque. Mi sento di consigliare spassionatamente le cuffie stereofoniche per sentire il magistrale lavoro del reparto audio. L’inquinamento sonoro di Night City è opprimente ed esasperante proprio come dovrebbe essere. Le vostre orecchie sono costantemente bombardate da musica e pubblicità. Il vostro cellulare squilla ininterrottamente e quasi sempre appena avete finito di fare qualcosa. Dall’altra parte della cornetta ci sono spesso nuove quest, ma anche personaggi che hanno deciso semplicemente di fare due chiacchiere.


Cyberpunk 2077

Esplorare la periferia vi porta in diverse realtà a seconda di dove vi trovate, potrebbero essere dei belvedere che ospitano le ville di chi si accende i sigari incendiando soldi, oppure centri residenziali profondamente caratterizzati dalla tipologia culturale delle persone che ci vivono.
Un punto di assoluto pregio sono tutti quei ritagli urbani dove non ci dovrebbe essere nulla: sotto un ponte dell’autostrada, un parcheggio abbandonato, un vicolo ritagliato tra le pareti di due grattacieli. Ognuno di questi spazi è sempre riempito dalla società così come è prevedibile che succeda in una metropoli reale, vi potreste trovare di fronte a mercatini rionali, bancarelle di streetfood, capannelli di persone che si ritrovano per giocare a qualcosa o discutere, barboni che ritagliano il proprio spazio abitabile tra l’immondizia, montagne di rifiuti nascosti subito dietro l’angolo. Vagando a caso mi sono trovato di fronte un edificio di vetro occupato interamente da un albero. Entrare ha rivelato uno spazio insonorizzato in cui veniva riprodotto il canto pacifico di uccellini e una persona al suo interno si godeva la tranquillità facendo Tai Chi.
Uscire da Night City significa partire alla scoperta di un Far West postmoderno, una sorta di Route 66 selvaggia e desertica, popolata da bande di Riders. Accanto a loro c’è l’immensa discarica dove Night City caga fuori tutta l’immondizia di una società votata completamente al consumismo.
La bellezza di Night City non sta nel fare danni in completa libertà, ma nel sentirsi costantemente all’interno di qualcosa. Soffermarsi a guardare i graffiti su di una parete oppure origliare la conversazione di una coppia davanti alla vetrina regala tutta la profondità di una città in cui si avvicendano migliaia di storie.


Cyberpunk 2077

Il metro di valutazione


Ho elencato i molti motivi per cui i CDPR non si siano comportati correttamente nei confronti dei giocatori, specialmente per quanto riguarda il mercato console.
Nella prima versione di questa recensione avevo deciso di punire questo atteggiamento abbassando il voto del gameplay, ma mi è stato fatto notare, giustamente, che questo andava a inficiare il significato del voto e dava adito a fraintendimenti.
Non sono d’accordo che il gioco vada giudicato solo in quanto tale, perché altrimenti Star Citizen o DayZ potrebbero anche essere considerati capolavori laddove un giorno riuscissero a produrre ciò che avevano promesso molti soldi fa. Non è così. Un progetto condotto in maniera pessima, venduto per qualcosa che non è, oppure pagato uno sproposito rispetto a ciò che offre, non merita un giudizio positivo. E non c’è gioco all’uscita che possa giustificare un comportamento del genere. Pretenderlo è solo un errore di percezione, perché dubito che chiunque, vedendo il cuoco pulirsi il culo con il proprio piatto, aspetterebbe a consumare la sua ordinazione prima di muovere una qualsiasi critica. Oppure si riterrebbe comunque soddisfatto se il sapore è buono.
Fermi lì! Poggiate le armi. Lentamente, e continuate a leggere fino in fondo al paragrafo.
Non sto incitando al rogo dei CDPR, sto integrando il voto numerico con un ulteriore criterio di valutazione. E il fatto che nonostante questo il giudizio di Cyberpunk risulta positivo non è un caso.
No, tutto questo non potevo semplicemente scriverlo all’interno della recensione perché più della metà delle persone non legge un wall-of-text di questo calibro, ma anche perché questioni di questo tipo DEVONO pesare sulla valutazione del gioco.
Rimborsare chi è rimasto deluso è sicuramente un buon punto di partenza, ma se bastasse chiedere scusa per farsi perdonare qualsiasi cosa la polizia non esisterebbe. I CDPR si sono sempre ammantati della bandiera di paladini della giustizia, della software-house dalla parte dei giocatori. Ciò che accadrà da qui in avanti deciderà se erano solo parole oppure la verità.



Recensione
  • Valutazione Finale
    94Voto

    Cyberpunk è un'esperienza diversa a seconda della piattaforma su cui lo giocate. La recensione si limita alla versione PC. Per come stanno adesso le cose posso darvi la mia opinione personale, ossia non compratelo subito, ma tenete d'occhio la situazione. Se la CDPR riesce a sistemare il gioco, l'acquisto, anche a prezzo pieno è un'ottima spesa. Se invece non potete aspettare valutate in base a cosa cercate. L'unico modo in cui il prezzo pieno sia ammissibile è di richiedere un pegno molto alto alla vostra pazienza in virtù di un gioco che sa essere apprezzabile e frustrante in egual misura.

    • Grafica
      90
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