Oppure anche “Ghost on the shore – Amori sospesi nel tempo” sarebbe stato un titolo interessante per la rece, ma poi mi davate dello Nicholas Sparks, quindi nulla. Cassata anche l’altra proposta di titolo, ovvero “Bottiglie”, ma su questa poi ci si torna.
Ghost on the Shore è una avventura esplorativa sull’onda dei walking simulator sviluppata dallo studio like Charlie, con scarsa se non nulla interazione con l’ambiente circostante e più un metodo di raccontare una storia tramite la presa in esame di oggetti, lettere e documenti variegati sul nostro cammino. Un peregrinare che questa volta ci porta, anzi, porta la protagonista su un’isola abbandonata al largo della costa inglese (mi pare, se no la memoria sta facendo casino), dove sarà costretta ad ammarare per evitare un naufragio. Attorno a lei troverà una folta vegetazione e ruderi di un tempo che fu… o di tempi che furono?
Si seguono infatti mano a mano tra i resti di case e proprietà le tracce di almeno tre diverse generazioni che hanno abitato il luogo, florida colonia marina ben presto trasformatasi in rifugio perfetto per contrabbandieri e gente di poco scrupolo. Gli abitanti hanno abbandonato nel corso del tempo quel posto così isolato per andare a cercare fortuna nel continente, però ancora qualcosa non sembra arrendersi alla fine: delle presenze di fantasmi, a volte interagibili, altri più flash del passato, ci faranno capire che una vicenda in particolare deve essere ancora chiusa, ed in modo definitivo, per riportare la pace su quelle terre sconsolate e umidicce. Ed anche per il co-protagonista, ovvero il fantasma che va dentro alla nostra eroina, no così suona orribile, diciamo che non si palesa in forma più o meno evanescente ma come una voce che andrà a guidarla alla scoperta del suo passato, che egli ha dimenticato completamente a causa di un non meglio specificato trauma.
BOTTIGLIE
La storia ci verrà così srotolata tramite l’analisi di fotografie, quadri, libri e documenti variegati, che prima verranno commentati dalla/i nostro/i protagonista/i, poi potremo esaminarli meglio direttamente noi giocatori e dunque saranno archiviati nello spazio Diario, con spesso annotazioni che serviranno a metterne in risalto i punti più salienti. Di base scopriremo così come vadano ad interpolarsi tra loro diverse famiglie, arricchendo le pagine del detto libercolo di disegni che reinterpretano le atmosfere abbandonate in cui camminiamo cercando di re-inserirci i personaggi scoperti di volta in volta. Devo dire che la parte più intrigante del titolo è stata proprio il vedere come spesso si vada a commentare un nome, una immagine o una epigrafe (!) con quanto già abbiamo scoperto sino a quel momento su tal personaggio, che serve a dare un tocco di realismo in più.
Per il resto, il gioco promette alcuni finali multipli, ma che a quanto ho capito si basano principalmente sul rapporto che andremo a creare con il fantasma vocale che ci perseguita: solo in uno specifico caso la scelta di un dialogo ha portato ad un vero cambio di rotta nel nostro percorso, il che è stato narrativamente abbastanza poverello. Sicuramente la storia è intrigante, specialmente se venite dal mondo del romanzo inglese di fine Ottocento inizio Novecento, con torbide storie amorose tra contrabbando di alcoolici e lotte di classe intrafamiliari; sembra anche ogni tanto lanciarci degli inquietanti dubbi su uno specifico personaggio, ma questi non dico che non vengano mai pienamente risolti, ma è come se ad un certo punto fossero stati accettati e basta.
Ora, poi, io non so se tutto ciò sia dipeso unicamente dalla strada che mi ha portato ad uno specifico di questi finali, ma gli ultimi minuti di gioco sono stati sicuramente i più… grotteschi. I toni cominciano ad alzarsi di brutto, con scene alla AHHH COME HAI POTUTO FARE X AHH NON E’VVERO E INVECE SI’ E INVECE NO MA COME MA QUANDO, che mi sono state poco digeribili rispetto al resto, così come un twist finale che boh. Potrei cercare di spiegare i miei dubbi, ma andrei a spoilerare con orrore, quindi limitatevi alla versione breve del mio pensiero, che è appunto “boh”.
Bottiglie
L’estetica del gioco è interessante, con un suo stile magari povero ma efficace, purtroppo ogni tanto funestato da momenti in cui ci si incaglia in un cespuglio, pietra o gradino 1 mm troppo alto per i nostri piedoni, portandoci all’antico gesto del mouse a maracas per riportarci sul nostro cammino. C’è anche stato uno strano momento in cui mi è parso di rimanere incagliato in un punto dell’isola con nulla più da esplorare e senza riuscire a tornare sui miei passi, per poi ricaricare il gioco e trovarmi in un edificio di poco prima con tutto risolto. E tale edificio era una chiesa: miracolo di San Espedito (patrono dei nerdoni, no jokes, andate a controllà). Le musiche sono carucce e … ok, lo so, volete sapere perché sto continuando a chiamare tutti i paragrafi in quel modo.
Ci sono diversi oggetti esaminabili, che possono anche essere ruotati nello spazio per trovare nuovi dettagli: io che chiuso in quarantena mi sono finalmente giuocato il remake di Tomb Raider di tanti anni fa, ero ispirato nel trovare etichette nascoste o dettagli importanti, mentre spesso tale azione serve solo per vedere più da vicino come abbiano realizzato un tal modello 3D. Giusto le foto e i documenti presentano spesso un fronte e un retro, ma per il resto è quasi una funzione inserita senza poi particolare scopo nel gameplay. E poi, ovunque, troverete quelle caspita di bottiglie. Il fantasma che c’è in noi (momento cantautorato) ci spiega che siano i recipienti utilizzati per il contrabbando di liquore, ma davvero ogni macro sezione ci farà saltar fuori lo stesso modello, tutte uguali. Chessò, ce ne sarà una sbeccata, una zozza di terra… no. Sempre lo stesso model ripetuto e ripetuto, giusto per ricordarci che tutti facevano gran uso di alcool. A questo punto ci mancherebbe un achievment di Steam tipo “trova tutte le BOTTIGLIE” e saremmo a posto.
Ah no scusatemi, c’è già.
- Valutazione Finale67Voto
Ghost on the Shore, I was sure, never seeing clear... continuo a canticchiare da quando ho terminato il giuoco, e forse ne è un po' la summa finale. Il viaggio è anche interessante, e certe emozioni sono bene gestite, ma il tutto va a perdersi in colpi di scena un po' inseriti a forza e in modelli simpatici nella loro plasticosità, ma ridondanti nel corso del tempo. Forse qualche scelta in più nella nostre mani, dialoghi a parte, ci avrebbe garantito una passeggiata sulla spiaggia un po' più interessante.