Arrivato ai titoli di coda di Growbot mi resta solo una certezza: non ci ho capito un tubo. Certo, sono riuscito a seguire a grandi linee la trama, ho vagamente compreso cosa stesse succedendo su schermo, ma non ho proprio chiari tutti i particolari della vicenda. In fondo, stiamo parlando di un gioco dove devi usare delle api per produrre delle note che servono a realizzare una chiave necessaria per aprire la porta che ti condurrà a un’enorme bestia pelosa che non aspetta altro che gli prepari il thè. E non avete minimamente idea di cosa serva per preparare la bevanda preferita dell’animale di cui sopra…. Growbot è una continua corsa su un ottovolante psichedelico dove la logica lascia spazio ad una sola regola: “nel mondo di Growbot tutto è possibile”. Sulla carta siamo di fronte ad un’avventura grafica come tante altre presenti su Steam, un punta e clicca classicissimo dove usare l’oggetto A con quello B per aprire la porta C. Il problema è che A è un fiore, B un drago e C uno spazzolino da denti (NB gli enigmi di Growbot potrebbero essere diversi da quello esemplificativo). Saranno riusciti gli sviluppatori di Wabi Sabi a rendere un’opera così folle e anarchica un buon prodotto? O ci troveremo con in mano solo un’accozzaglia di stranezze mal assortite? Giusto per introdurre la trama posso dire che comanderemo il Growbot chiamato Nara, una pucciosissima robot che può ospitare all’interno della propria testa fiori o animali a forma di cervello (vi avevo detto che siamo dalle parti dello strano forte eh). L’obiettivo della nostra protagonista è trovare la sua amica e porre rimedio ad un attacco misterioso alla stazione spaziale in cui vive. Un attacco a base di fastidiosi cristalli che, a mo’ di parassiti, sembrano spuntare un po’ ovunque nell’ambiente di gioco. Mi fermerei qui, ricordate l’incipit della recensione, no? Per tutti i curiosi c’è da dire che un manuale all’interno del gioco ci spiegherà nel dettaglio le sfaccettature del mondo di Growbot, o almeno proverà a farlo. Non scendiamo, comunque, troppo in profondità e vediamo piuttosto il gameplay.
Punta qui clicca là
Alle prime battute del gioco sembra di trovarsi di fronte ad un’avventura grafica molto canonica. Il sistema di controllo è semplicissimo, con il mouse per direzionare il cursore ed il tasto sinistro per effettuare l’unica azione prevista con i vari elementi dello sfondo. Nessuna barra Scumm o similare, quindi, ed un approccio piuttosto semplificato al genere, con il puntatore che cambia anche colore quando passa su elementi interattivi. L’inventario sarà sempre presente ai bordi dello schermo con gli oggetti in bella vista divisi tra strumenti fissi (a sinistra) e “componenti/ingredienti/consumabili” (a destra). Dopo pochi minuti già ci saremo accorti di quanto Growbot prenda le distanze da un Monkey Island a caso, battendo nuove strade. I primi enigmi ci introdurranno gradatamente nel mondo di gioco permettendoci di metabolizzare le stranezze che si paleseranno sullo schermo. Potremo così scoprire che il titolo presenta di fatto due anime: una da puzzle game e una da avventura grafica. La seconda, che a una prima occhiata sembrerebbe prevalente, è in realtà soltanto abbozzata, con enigmi molto semplici e quasi nessun backtracking. La difficoltà maggiore, infatti, non sarà cercare di capire come fare una determinata azione ma cosa fare. Mi spiego con un esempio: se in un’avventura classica, di fronte a una porta chiusa, l’enigma 99 su 100 consiste nel capire dove recuperare la chiave, in Growbot dovremo prima capire cosa apre la porta. Un panino? Una rana fosforescente? Un’orchestra sinfonica? Ecco, generalmente il gioco ci farà la cortesia di dircelo (solitamente ascoltando qualche dialogo) e, una volta metabolizzata la stranezza di turno, l’oggetto da utilizzare sarà quasi sempre a portata di mano, o recuperabile in modo intuitivo. Più che di veri e propri enigmi possiamo, quindi, parlare di piccole fetch quest. In certi momenti mi è sembrato di rivivere situazioni alla Gobliins, con un analogo livello di follia, ma molto più semplice. A rendere la progressione meno guidata e ad alzare il livello di sfida, ci penseranno, così, alcuni puzzle e mini giochi.
Il Growbot enigmistico
Il titolo Wabi Sabi è letteralmente infarcito di minigiochi, puzzle, labirinti e macchinari vari da mettere in funzione. La qualità di queste fasi è altalenante, con alcuni momenti particolarmente riusciti ed altri sin troppo criptici e poco ispirati. Qui l’esperienza tende ad avvicinarsi maggiormente alla serie del professor Layton, con un livello di difficoltà comunque assolutamente accessibile e che non pregiudicherà il completamento della trama anche ai meno esperti. Discorso diverso per quanto riguarda, invece, un particolare minigioco musicale che merita qualche cenno in più, trattandosi di un enigma che ricorrerà varie volte durante la storia. Da un certo momento saremo chiamati a produrre dei cristalli con un macchinario, al fine di sbloccare determinate porte (o scudi). Per realizzare uno di questi cristalli occorrerà ascoltare una melodia e riprodurla su una sorta di scacchiere/spartito, disponendovi sopra le note nel giusto ordine. Per riuscirvi dovremo prima recuperare determinati fiori poiché, come noto, ogni fiore produce un suono diverso. Il gioco presenta una modalità per garantire l’accessibilità a tutti, dove vengono suggeriti i fiori da posizionare. Utilizzando questa via gli enigmi risultano di fatto inesistenti, lasciandoci semplicemente il compito di cercare i fiori che eventualmente ci manchino. Affrontando il puzzle come originariamente concepito, al contrario, ci troveremo di fronte ad un livello di difficoltà diabolico, reso tale anche dal non indifferente numero di fiori che presto avremo collezionato. Una via di mezzo sarebbe stata gradita poiché, in questo modo, le fasi musicali rischiano di diventare una scocciatura di poco conto o un vero e proprio ostacolo alla progressione. C’è comunque da dire che la difficoltà generale del titolo è tarata verso il basso e che arrivare ai titoli di coda sarà sin troppo semplice per gli avventurieri esperti, che non impiegheranno più di 4 ore a terminare la storia. Un
Quadro surrealista
Growbot è sicuramente un prodotto piacevole da vedere, forte di una riuscita caratterizzazione dei personaggi e di un mondo folle e colorato nei cui dettagli è facile perdersi. La grafica 2d riesce, così, ad essere di buon impatto pur non spremendo in alcun modo i vostri hardware e senza proporre chissà quali effetti speciali. Non mancano purtroppo alcuni quadri meno riusciti, in particolare in occasione di un paio di puzzle dove si è preferito favorire la leggibilità rispetto al colpo d’occhio. Il sonoro risulta piacevole pur senza proporre musiche memorabili e non ci farà certo abbassare il volume durante l’avventura. Completamente assente il doppiaggio con i personaggi che si limitano a produrre versi incomprensibili anziché parlare. Ma se Nintendo ha seguito questa via per anni perché non può farlo anche Wabi Sabi? Fortunatamente, tutto il gioco è localizzato in lingua italiana, con una traduzione di buon livello e poche imperfezioni, attesa la quantità notevole di testo si tratta sicuramente di una feature particolarmente apprezzata.
- Valutazione Finale71Voto
Growbot prova a farsi spazio nell'affollato panorama delle avventure grafiche PC proponendo una trama surreale e personaggi fuori dagli schemi, sorprendendo il giocatore con trovate stravaganti in rapida successione. Purtroppo gli enigmi e i minigiochi risultano solo in parte riusciti e la storia perde velocemente di mordente e una volta metabolizzata la stranezza del mondo di gioco progredire sarà quasi una passeggiata di salute. Si tratta di un titolo suggerito agli appassionati del genere in cerca di una sfida semplice e a chi, guardando le immagini a corredo, si è già innamorato della folle protagonista e dei suoi comprimari.
- Longevità