Hell Architect Recensione: quando l’Inferno è un business

- Hell Architect Recensione: quando l’Inferno è un business

Una voce interiore mi dice che sì, all’Inferno c’è la burocrazia. E da questa parte il folle concept del gioco Hell Architect, che ci porta ad organizzare gli inferi nella maniera più ottimizzata possibile, tra peccatori da schiavizzare come forza lavoro e tunnel e tunnel di monnezza da scavare.

Dolore e sofferenza

La struttura base è quella del gestionale tipo: accumula risorse, costruisci strumenti e upgrade, guadagna denaro e successo. Ma la vile moneta avrebbe poco valore nell’Ade, e quindi il vero guadagno sarà la Sofferenza. Immaginatevi di trovarvi davanti ad una versione di Lemmings lasciata per troppo tempo nelle mani dello sviluppatore di quella pigna sul naso di cattivo gusto di Chiller, titolo cabinato in cui sparavi alla gente torturata per porre fine ai loro patimenti, e che riuscì a devastare anche in passato un Farenz bimbo.

Hell Architect

Da un portone demoniaco, ogni decina di minuti una nuova anima peccatrice arriverà nel nostro inferno personale, pronta per essere sfruttata per scavare risorse (ci troviamo completamente sottoterra) come metallo, carbone e monnezza, e costruire piccole postazioni che possano migliorarne l’andamento, come fabbriche di cibo, baraccotti per prepararlo e cessi dove far defecare i nostri dannati… ed approvigionarli d’acqua. Non fate espressioni buffe, l’intera base del gestionale è il cattivo gusto, e lo dimostra tramite l’approvvigionamento di Sofferenza: per diventarne abili “estrattori”, dovremo riuscire ad evolverci sino a costruire macchine che permettano ai nostri lavoratori di venire torturati, passando dallo stiracchiamento medievale all’essere bolliti in grandi calderoni. Più grande sarà lo strumento di tortura, maggiore sofferenza ogni tot secondi riusciremo ad incamerare, essenziale poi per venire spesa nella creazione di strumenti con abilità sempre più utili. Inoltre potremo andare ad osservare le schede riguardanti il passato dei nostri dannati, per capire come portarli a meglio soffrire (sto cercando di essere anch’io freddo recensore burocrate nel descrivervi queste cose, ma che caspita di orrore): ad esempio un’anima persa ricca di sangue permetterà di raccogliere più sofferenza se la butteremo dentro ad una Vergine di Norimberga che ne trafigga il corpo tra zaffate di sangue in ogni dove.

Ma come si “vince” ? Il gioco si presenta in un paio di modalità, da quella libera endless ad una più storymode dove dovremo superare una serie di obiettivi per diventare il miglior impiegato infernale di sempre. Ora, tolto l’imperante cattivo gusto che come già detto è voluto e volontario in questo titolo, di sostanza a supporto dovremmo trovare una parte gameplay che ci permetta di seguire i nostri propositi nel migliore  dei modi: invece no, pare che la struttura stessa delle meccaniche di gioco e persino delle interfacce sia stata studiata per punirci contrappassamente per ciò di cui ci stiamo burlando.

E Tu Farmerai con dolore…!

Dovete contare che i nostri omini peccatori vagheranno per lo scenario 2D alla stregua di Lemmings, schiatandosi di loro idea verso la prima attività disponibile. Mi spiego meglio: noi non possiamo, come in miriadi di RTS gestionali, assegnare un certo lavoro ad un dannato, ma segnalare sulla mappa quelli che vogliamo vengano, prima o dopo, eseguiti: quei blocchi vanno scavati, lì si deve costruire quella cosa, etc. Gli omini partiranno quindi a compiere l’attività più vicina, talvolta imbambolandosi nel vuoto cosmico (o infernale, forse): quante volte voglio che almeno in due si mettano a scavare, ed uno solo si metterà a farlo, mentre l’altro rimarrà fisso senza far nulla, se non poi di botto mettersi a compiere tutt’altra attività da un altro lato della mappa oppure mettersi anche lui a scavare lì, perché da quel momento ok va bene lo può fare. Questa “non assegnazione” di mansioni di questo tipo ci porta spesso a sbattere i dannati vicino alle azioni da compiere nella speranza che si decidano a farle, ma pare che sia il gioco ad intracalcolare quando per una mansione siano abbastanza un certo tot di lavoranti.

Hell Architect

Ho usato poi non a caso il verbo “sbattere” e non muovere, perché Hell Architect abbandona il punta e clicca per il tira a caso in giro. Selezionando con il mouse il dannato, lo solleveremo da terra, per sbatterlo verso il punto che vogliamo raggiunga: una volta fatto, questo farà puff (era una simulazione di movimento) e si metterà materialmente a correre verso quella direzione, sempre che non abbia impedimenti di qualsiasi tipo davanti a sè. I dannati non scenderanno nessun declivio (anche piccolo), se non avranno montagnole di terra da percorrere o una scala, così come dovranno sempre essere foraggiati di viveri per evitare di hum… tipo… soffire così tanto da morire da morti e dunque scomparire dalla mappa perché rispediti da altre parti dell’Aldilà per l’avere effettivamente scontato i propri peccati. Circonvoluzione diabolica per giustificare il dover stare dietro un minimo alle esigenze dei lavoratori, contando però che una risorsa molto rara del gioco, l’Essenza, si può creare unicamente utilizzando un comando che li uccida all’istante, con un carnet di orrori che va dall’autocombustione, ai fulimini, al più classico degli impalamenti in bocca.

Hell Architect

Dobbiamo quindi vivere in un peccaminoso equilibrio tra quanto sfruttare i nostri lavoranti, non facendoli morire, ma levandoli a turno da varie mansioni per torturarli il giusto in modo da accumulare Sofferenza, il che, lapalissianamente, è una sofferenza, contando che tale raccolta con le strutture base va avanti di una o due unità ogni minuto. L’idea di base sarebbe anche interessante, ma tutto diventa davvero allungato e lento, punendo brutalmente il giocatore per delle scelte sbagliate facendoci attendere la nuova forza lavoro per decine e decine di minuti.

Graficus Demoniacus

L’aspetto grafico del gioco è studiato appositamente per torturare i nostri bulbi oculari: avrò tentato tre o quattro tipi diversi di risoluzione e setting, per poi capire che il gioco è effettivamente strutturato nel modo che segue. Potremo ingrandire o rimpicciolire l’area demoniaca, ma tutte le interfacce, e specialmente i contatori di accumulo delle risorse, resteranno piccolissime, portando i vostri faccioni ad incollarsi allo schermo per capire quanto cavolo si sia prodotto fino a quel momento. Il resto della grafica è basica, ma quasi chibi, con questi dannatini tutti ignudi che corrono in ogni dove tra colonne di ossa, zozzo e nuvole di polvere.

Hell Architect

Le musiche sono piuttosto piatte e monotone, con l’onnipresente “jingle della persona che viene torturata”, accompagnata da urla devastate e strazianti che danno un po’ di varietà alla colonna sonora. Sì, sono diventato una cattiva persona alla fine di questa recensione, ma potete capire come mai.

 

Requisiti di Sistema
Minimi:
  • Sistema Operativo:

    Windows 7

  • Processore:

    AMD Phenom II X4 955 / Intel Core i5-750 o equivalente

  • RAM:

    4 GB

  • Scheda Grafica:

    Intel HD 4600

  • Spazio su disco:

    4 GB di spazio disponibile

Recensione
  • Valutazione Finale
    58Voto

    Hell Architect è uno di quei titoli che crede basti una premessa sopra le righe per diventare interessante, mentre invece su tutto regna la costruzione di un gameplay anche semplice, ma efficace, pure all'Inferno. Purtroppo qui si va avanti a fatica tra qualche malvagio sorriso e tentativi di provare le diverse strutture, ma il tempo per arrivarci vi porterà al Peccato peggiore del mondo videoludico: la Noia.

    • Grafica
      61
    • Sonoro
      50
    • Giocabilità
      50
    • Carisma
      60
    • Longevità
      69
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- Copertina
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