Ikai Recensione – Brivido, terrore e raccapriccio nel Giappone dei samurai

- Ikai Recensione – Brivido, terrore e raccapriccio nel Giappone dei samurai
Che bello trovarsi di fronte ad un gioco horror che decide di uscire dagli schemi e di proporre un setting originale.
Dimenticate orde di zombie da abbattere con le più moderne armi, metropoli infestate da creature raccapriccianti e letali, inquietanti case di campagna con le porte tutte rigorosamente chiuse e una miriade di chiavi diverse sparse in giro. Gli sviluppatori di Endflame hanno scelto, infatti, di raccontare una storia ambientata nell’antico Giappone e che ci vedrà indossare i panni di una sacerdotessa in erba alle prese con un vero e proprio attacco soprannaturale al tempio dove vive. In Ikai Faranno la loro comparsa, man mano, un po’ tutti i più famosi fantasmi e creature dell’immaginario nipponico, in una sorta di all star game horror. La nostra protagonista, comunque, non si scomporrà più di tanto di fronte a questa sfilata di bizzarrie assortite, avendo le conoscenze necessarie per esorcizzare ogni presenza non desiderata a colpi di sacri sigilli cartacei (ci torneremo poi) .

Ikai


Mentre elimineremo uno spiritello dietro l’altro, scopriremo anche i segreti più nascosti del tempio e del nostro stesso passato, fino ad arrivare al colpo di scena inaspettato che non può mancare in ogni buona storia del terrore. Se state pensando al classico gioco narrativo tutto camminate e cassetti da aprire, magari rafforzato da un paio di enigmi qua e là, siete sulla cattiva strada.
Gli sviluppatori hanno voluto, infatti, allontanarsi dagli stilemi del walking simulator, cercando di dare al titolo un gameplay tutto suo.
Nei primi momenti di gioco questa peculiarità non si avverte: saremo chiamati ad esplorare gli ambienti, a raccogliere qualche oggetto e in generale ad affrontare un ritmo più da avventura grafica che da action. Ben presto, però, Ikai vi chiederà di fare ben altro che non sia perder tempo nella sacra arte del rovista armadi e sarà in quel momento che dovrete avere davvero paura.
Ma non per i motivi che immaginate.

È come film di orrore

Gli sviluppatori hanno voluto rendere Ikai qualcosa di diverso rispetto ad un semplice walking simulator, introducendo alcune meccaniche di gioco particolari, per cercare di coinvolgere il più possibile l’utente. Purtroppo, paradossalmente, il titolo sarebbe stato molto più godibile se si fosse limitato a puntare sulla parte narrativa e sull’immmedesimazione nella protagonista.
Così non è stato e, nostro malgrado, ci troviamo a dover venire a patti con un gameplay che non pare voler prendere una direzione ben precisa, buttando in campo tutta una serie di attività diverse da svolgere, nessuna particolarmente riuscita. In certi momenti mi è sembrato di trovarmi di fronte quasi ad uno dei titoli multievento tanto di moda nei tie-in di un tempo.
Potremo imbatterci in puzzle che ricordano The 7Th Guest e le prime avventure fmv, decontestualizzati rispetto all’ambientazione e non particolarmente stimolanti.
Uno, soprattutto, così astruso che mi sto ancora chiedendo come ho fatto a risolverlo, visto che la soluzione è quantomai criptica e mi ha costretto ad andare completamente al buio.

Ikai

Non mancano, poi, i grandi classici allungabrodo già protagonisti di tanti altri titoli: i labirinti. Perdersi tra i cunicoli mentre una creatura vermiforme ti insegue e tu non sai se svoltare a destra o sinistra è molto meno divertente di quanto può sembrare (e già non sembra Disneyland). Altro momento di assoluto straniamento è quello che ci vedrà dover cercare dei bastoni mimetizzati in mezzo a cataste di ossa, interessante come frugare in un cassetto pieno bottoni per trovare quello giusto, ma molto meno remunerativo.
Mi sono dovuto letteralmente appiccicare allo schermo e scandagliare ogni cm di terreno a velocità minima per andare avanti. Sarà colpa della mia miopia o della bassa risoluzione impostata? Non crucciamoci troppo e passiamo oltre. Volete una bella fase stealth? Ce la mettiamo, tranquilli. Ah se, però, vi mettete a correre la superate uguale, quindi non preoccupatevi.
Un bel nascondino al buio, il classico “chissà dove avrò messo quell’oggetto”, un percorso infuocato da superare a botte di stop and go e altre amenità varie completano un’offerta ludica ampia ma veramente poco appagante. Si tratta generalmente di attività mordi e fuggi poco rifinite e dalla profondità inferiore ad un minigioco di Mario Party, che solitamente fanno la loro comparsa una volta per poi non tornare più. L’unica meccanica leggermente più stratificata chiama in causa il nostro ruolo di sacerdotessa. Ma anche qui le cose non vanno come dovrebbero.

Il pennello del dolore

Per fronteggiare tutta una serie di creature che infesteranno il nostro tempio, prese direttamente dallo sconfinato folklore giapponese, saremo chiamati a disegnare degli appositi sigilli sacri.
Ikai ci richiederà, così, di ricalcare le sagome di alcuni ideogrammi con un pennello, controllabile con lo stick sinistro del pad o con il mouse.
Per rendere l’operazione meno semplice e scontata, dovremo spesso e volentieri completare i sigilli rapidamente, prima che le varie creature ci attacchino, evitando di sbagliare troppe volte la prova calligrafica. Nel caso in cui impiegassimo troppo tempo, lo spirito malvagio di turno farà la sua repentina comparsa saltando verso lo schermo nel più classico dei jump scare alla Five Nights at Freddy’s. Tutto questo dovrebbe aggiungere tensione e spaventare il giocatore con gli attacchi improvvisi degli yokai.

Ikai


All’atto pratico, invece, il sistema di controllo, poco reattivo col Pad ed infernale col mouse, rende questo minigame ben presto assai frustrante e poco divertente. Almeno finché non si scopre un trucchetto (voluto o meno non è dato sapere) che rende il tutto una passeggiata di salute. Basta, infatti, completare gli ideogrammi un pezzettino alla volta per scongiurare l’arrivo dei nemici, resettandone ogni volta il cronometro.
A questo si aggiunge che, prevedibilmente, gli spaventi dovuti ai repentini attacchi dei mostriciattoli diventano presto scontati e più fastidiosi che terrificanti. Peccato, perché con un minimo di cura in più almeno questa meccanica di gioco avrebbe potuto diventare interessante, essendo sicuramente originale e non abusata.
Così come realizzata, purtroppo, si pone tragicamente al livello delle altre attività secondarie già viste in Ikai.

Pare di essere a Kyoto

Dal punto di vista squisitamente tecnico ci troviamo di fronte ad un prodotto medio che però restituisce un buon colpo d’occhio, grazie soprattutto alla cura riposta nel setting.
La mole poligonale mossa dal titolo non è sicuramente tale da far gridare al miracolo ma complessivamente ci troviamo di fronte ad un buon lavoro, senza particolari bug o limiti da segnalare. Ikai convince pienamente, invece, per quanto concerne gli ambienti ed, in generale, il lavoro di ricerca svolto dagli sviluppatori appare molto buono. Si può percepire una genuina passione per il Giappone ed il suo folklore, resa evidente da una buona cura nei dettagli degli interni, nelle schede degli yokai collezionabili e in tutto quanto contribuisce a donare al titolo una personalità sicuramente migliore del suo lato ludico. Il tempio e le zone circostanti che esploreremo sono ben realizzati, ricchi di oggetti da raccogliere e guardare e di particolari che aiutano molto l’immedesimazione. Anche le musiche e gli effetti sonori sono curati e calzanti, con qualche nota di shamisen in lontananza come ciliegina sulla torta.



Ho giocato l’avventura interamente con il doppiaggio in giapponese, ben recitato e assolutamente consigliato per calarsi nella storia, ovviamente saranno presenti sottotitoli e testi in lingua italiana per rendere il gioco fruibile a tutti. L’avventura può essere terminata in meno di tre ore, lasciando poi la ricerca dei collezionabili come unico stimolo ad una seconda run.
Si tratta di una durata non particolarmente elevata ma in linea con il prezzo di vendita. Come già detto, i problemi di Ikai non risiedono certamente nell’esiguo numero di ore necessarie per portarlo a termine.
Recensione
  • Valutazione Finale
    63Voto

    Un setting originale ed interessante, una buona cura dei particolari ed un'atmosfera sufficientemente paurosa e oscura ci avevano illuso che Ikai potesse essere un buon horror game. Invece, purtroppo, Ikai manca clamorosamente il bersaglio a causa di una struttura ludica confusa e poco stimolante, inserita quasi a forza per prolungare l'esperienza quel tanto che basta. Gli appassionati del Giappone potrebbero trovare spunti interessanti, ma soltanto chiudendo entrambi gli occhi sul gameplay. Resta l'impressione che se gli sviluppatori si fossero concentrati su una sola meccanica di gioco, il titolo ne avrebbe giovato infinitamente. Peccato.

    • Grafica
      73
    • Sonoro
      77
    • Giocabilità
      50
    • Carisma
      70
    • Longevità
      45
- Copertina
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