Che dire, gli arrivi – e i ritorni, in particolare – a sorpresa sono sempre i migliori. Si può stare per anni ad aspettare un Metroid Prime nuovo, con la costanza di chi aspetta che venga finita la metro C a Roma, e non arriva un tubo: poi, d’improvviso, ti ritrovi con un nuovo Metroid bidimensionale che spacca i culi, e anche del mancato aggiornamento del trasporto urbano su rotaia di cui sopra te ne frega poco.
Metroid Dread per voi. GOTY? Puòddarsi.
Fomento in power armor
…e gli Astartes non c’entrano, per una volta. Metroid Dread segna il ritorno in grande stile della beneamata Samus Aran, storica protagonista dei lidi Nintendo che non ha mai avuto bisogno di girare per il suo intero gioco in mutande per accattivare i fans, con meccaniche bidimensionali come apprezzato dagli inizi della saga fino all’apprezzatissimo Samus Returns sui mitici lidi 3DS.
Questa nuova avventura spaziale (che detto così fa molto libro per la gioventù del ventennio) inizia dopo gli eventi di Metroid Fusion: la Federazione invia sul pianeta ZDR a fini investigativi un team di robot da ricerca chiamati E.M.M.I. per studiare un nuovo focolaio di parassiti X. La pronta sparizione dei robot fa sì che a indagare venga inviata Samus…e tutto il resto è spoiler. Con molti Chozo di mezzo.
Metoroido Doreddo
Il gameplay di Metroid Dread ripropone la formula classica e genre-defining che il franchise targato Nintendo ha lanciato ormai anni or sono. Controlleremo la nostra Samus in ambienti labirintici bidimensionali e non lineari, con lo scopo di a) non farsi assassinare e b) trovare la via d’uscita verso la superficie. Rimangono al centro delle meccaniche di gioco due elementi fondamentali del genere inventato dallo stesso Metroid: la spinta alla ricerca dei power-up nascosti praticamente ovunque e il necessario sblocco di skill/equipaggiamenti per superare ostacoli di primo acchito insormontabili.
La principale innovazione di questa nuova avventura di Samus prende forma tramite i determinatissimi E.M.M.I., robot la cui programmazione originale è andata abbondantemente a donne di facili costumi, trasformandoli in killer inseguitori di chiunque venga a mettere piede nei loro pressi – in pratica, Ao Oni levatiproprio e senza nemmeno somigliare ad Alberto Sordi in versione un medico della mutua scaltro (cit.). La parte più sorprendente di tutto ciò è che la meccanica funziona: per molto tempo saremo quasi del tutto impotenti nei confronti di tali cornutazzi metallici, dovendo ricorrere a movimenti stealth per stare fuori dai loro sensori di movimento ed evitare di essere sbrindellati in maniera comica e dolorosa.
ATMOSPHERA
Metroid Dread riesce a far breccia nel cuore dell’utente sotto numerosi profili, a partire dal primo impatto audiovisivo. A prescindere dall’effetto nostalgia dei fan della serie (spesso considerata relativamente di nicchia, se paragonata ai “bestioni” della Grande N), a colpire in positivo è l’effetto d’insieme del comparto estetico: nonostante in video e “da ferma” la grafica non ci aveva impressionato eccessivamente, una volta tra le mani il gioco riesce a fare centro grazie a un’atmosfera evocata perfettamente, dove il mix di illuminazione (o mancanza della stessa) e scelta dei colori si rivela vincente sin dalle prime battute. Ancor prima del gameplay, è proprio l’evocatività (che secondo Word è un neologismo) degli ambienti a tenere incollati allo schermo…ma ovviamente anche le meccaniche ci mettono il loro.
La risposta dei comandi si rivela efficacissima da subito (e a voi che state per chiederlo…no, non si bestemmia durante i wall jump come i vecchi tempi delle risalite da Norfair), mentre si segna il gradito ritorno della parata da combattimento ravvicinato, ottima innovazione del precedente Samus Returns. Interessante notare la presenza di piccoli glitch sporadici, sfruttabili per le speedrun in epicità che i più truzzi di voi sicuramente utilizzeranno per cafoneggiare con amici, parenti e sconosciuti iracondi online.
Ulteriore menzione d’onore per il sonoro: già dalla schermata del titolo i brani storici della serie ci accompagnano in versioni attualizzate con una connotazione horror ancora più forte.
Panicopaura?
Come in tutti i giochi ben riusciti, la forza di Metroid Dread sta nel sintetizzare al meglio un insieme di numerosi elementi, i quali – come nei giochi ottimamente riusciti – sono di altissimo livello già quando presi singolarmente. La piega verso tendenze di fuga/survival arricchisce ulteriormente uno stile dove la sensazione di claustrofobia e di disorientamento la fanno da padrona, ma dove il comparto tecnico e il bilanciamento reggono al 100%. Il feeling di panico incipiente è costante, e il gioco crea gradatamente un feeling di strizzamento di chiappe che dà una pista a tanti sedicenti horror che oscillano tra il soporifero o le jumpscare da quattro lire; ed è proprio qui che si tocca con mano la validata del design di Metroid Dread – c’è orrore, c’è tensione, ma soprattutto c’è dietro (e anche un davanti) un gioco, strutturato e calibrato in maniera egregia.
Chiudiamo con un’ultima riflessione sulla longevità, punto di discussione di vari fan e analisti. Metroid Dread, “correndo”, può essere portato a termine in una decina di ore abbondanti, che raddoppiano (o in alcuni casi quasi triplicano) per una run attenta e completista. Da lì, è tutto Hard Mode aggiuntivo e speedrun di cui sopra. E va alla grande così.
- Valutazione Finale98Voto
Metroid Dread segna il ritorno in grande stile di un franchise storico. Questo nuovo episodio della serie riesce in maniera eccellente a mescolare elementi classici a strizzate d’occhio ai trend del gaming moderno, senza mai scendere a compromessi comici ma, al contrario, valorizzando al meglio ogni singola caratteristica del gameplay.