- Tales of Arise Recensione – Una grande avventura
Quella dei Tales è una di quelle serie giapponesi amatissime in patria ma poco conosciute da noi, perché purtroppo non venivano pubblicate sul nostro mercato. Per fortuna le cose sono cambiate: i nipponici si sono accorti ormai da anni dell’interesse che nutriamo per tutti i loro prodotti di intrattenimento, e finalmente si sono decisi a condividere molto di più con il resto del mondo.
Ed è così che Tales of Arise è stato lanciato il 10 settembre contemporaneamente in tutto il globo. Si tratta del diciassettesimo capitolo della serie, ma non c’è da preoccuparsi: i Tales per fortuna hanno ambientazioni e personaggi ogni volta diversi, per cui non c’è nessun backlog enorme da temere quando ci si approccia ad uno dei suoi capitoli.
Tales of Arise, sarebbe dovuto giungere sui nostri schermi già l’anno scorso, ma a causa di alcuni problemi di lavorazione e per poter pubblicare il gioco su più piattaforme possibile, Bandai ha posticipato l’uscita al 10 settembre di quest’anno. Dopo aver passato svariate ore in compagnia dei suoi protagonisti e aver spolpato tutto quello che il gioco aveva da offrire eccomi qui a dirvi la mia su questo JRPG. Afferrate lo zaino con le provviste che si parte!
La guerra dei mondi
Il protagonista della nostra storia è uno schiavo. E come potrebbe non esserlo? È un ragazzo Dhanano e tutti gli abitanti di Dahna vivono in schiavitù da quando l’intero pianeta fu conquistato da un esercito invasore proveniente da Rena, pianeta gemello di Dhana, 300 anni fa. Tutto accadde in una notte sola: prodigiose macchine scesero dal cielo distruggendo le città come fossero fatte di fango. Schiere di soldati dalle enormi e resistentissime corazze rastrellarono le strade, accompagnati dagli “Zeugle” terribili creature addestrate alla guerra, e schiacciarono ogni resistenza residua in un battito di ciglia.

Il cast principale di Tales of Arise è composto da personaggi di culture e ceto differenti. I conflitti sociali sono uno dei temi principali della trama.
Sono generazioni dunque che la popolazione di Dhana vive sotto il giogo di Rena e la maggior parte si è ormai rassegnata a vivere una vita fatta di fatica, soprusi e sofferenze. Ma non il nostro protagonista. Per qualche motivo la scintilla della ribellione alberga in lui, tanto che rischia più volte di venire ucciso dalle guardie a causa della sua disubbidienza. Questa sua voglia di libertà però non è la sua unica caratteristica particolare: il ragazzo non ha memoria del suo passato, solo degli eventi recenti, indossa una maschera di ferro che nessuno è in grado di rimuovere e inoltre è incapace di provare dolore. Sarà per questo forse che tende ad essere piuttosto spericolato e non esita a lanciarsi in soccorso degli altri schiavi quando si trovano nei guai con le guardie? Forse. Fatto sta che comunque il suo altruismo è innegabile, così come la sua voglia di cambiare le cose.
L’occasione per farlo gli si presenta per puro caso in un ordinario (si fa per dire) giorno di lavori forzati in miniera. Un convoglio Renano viene attaccato da un gruppo di rivoltosi chiamati Corvi Scarlatti, proprio nelle vicinanze del campo dove “Maschera di Ferro” vive, e il ragazzo si ritrova così coinvolto nell’incidente. Lanciatosi a testa bassa nei combattimenti, il nostro protagonista farà la conoscenza di una giovane ragazza dagli strani poteri che i Renani stavano trasportando in catene e su cui i rivoltosi stavano indagando. Chi è la ragazza? Perché i Renani, l’hanno fatta prigioniera? E come cambierà questo incontro la vita del nostro protagonista?

I Renani oltre ad essere dotati di tecnologie di molto superiori ai Dahnani seminano il terrore grazie agli “Zeugle”, creature di origine ignota simili a bestie e mortalmente pericolose.
In verità potrei dirvi molto di più sulla trama di Tales of Arise, ma non intendo farlo. La narrazione è uno dei punti forti degli JRPG e quindi voglio spoilerare il meno possibile. Mi limiterò a dirvi che l’incontro fra i due li porterà ad un lungo viaggio per liberare Dhana dal gioco dei Renani e ad incontrare svariati personaggi che si uniranno per motivi diversi alla lotta. Di più non vi dirò perché penso che una delle migliori caratteristiche dei Tales sia quella di arricchire la trama con interazioni fra personaggi e piccoli dettagli che è un piacere scoprire da soli man mano che si avanza. Qualche considerazione sulla trama però la posso fare. Innanzitutto vi avviso che se siete fan di anime o JPRG troverete qui molti di quei tòpoi che già conoscete bene: l’eroe puro di cuore senza memoria, la comprimaria tsundere, la forza dell’amicizia e via così. A volerlo dire chiaramente Tales of Arise è praticamente uno shonen fatto a gioco e soprattutto nelle prime ore potrebbe darvi una sensazione di già visto. Vi assicuro però che poi la situazione migliora una volta arrivati al “sodo”, grazie ad una serie di colpi di scena e di sviluppi abbastanza drammatici che riescono a donare maggior spessore alla trama e a rendere l’intreccio decisamente interessante. Non nego che nelle fasi finali però i dialoghi comincino ad essere abbastanza ripetitivi, e il ritmo inevitavilmente ne risente proprio nel momento in cui il pathos dovrebbe essere al suo apice. È una pecca di scrittura comune a molti JRPG, ma che penso sarete disposti a perdonare visto tutto ciò che viene prima.

Queste “scenette” sono attivabili liberamente nel corso dell’esplorazione e approfondiscono i rapporti fra i personaggi principali.
I temi trattati sono fra quelli già toccati da alcuni dei capitoli piú riusciti della serie Tales: si parla di razzismo, coesistenza fra popoli, guerra, il tutto trattato con l’estrema passionalità e drammaticità tipica delle produzioni del Sol Levante. Siamo di fronte insomma ad un gran bel viaggio dell’eroe, carico di avventura e sense of wonder, capace di emozionare anche chi titoli del genere ne ha già macinati un sacco. Grande punto di forza comunque, nonostante una caratterizzazione che a tratti tende un po’ troppo allo stereotipo, sono i personaggi e soprattutto le interazioni fra di loro. Bandai ci ha puntato veramente un sacco, inserendo addirittura delle scene dialogate che il giocatore può visionare tramite la pressione di un tasto quando raggiunge determinate location o compie certe azioni. Ci sono poi un sacco di minidialoghi contestuali dove i protagonisti commentano fatti appena accaduti, la sconfitta di un nemico o la raccolta di oggetto. Vedere i personaggi interagire in questo modo fra loro da l’impressione di star a seguire un gruppo di amici all’avventura spinti da un obiettivo comune e dalla voglia di stare insieme, e non della gente messa lí a caso tanto per far numero.
Esplora, combatti, expa
Quelle che fanno da titolo al paragrafo sono le tre attività principali che si svolgono tipicamente in un RPG e pure qui non si fa eccezione.
Il gioco ha in realtà un’impostazione piuttosto classica con quest principali e secondarie da completare spostandosi da una zona all’altra mentre si affrontano mostri lungo il tragitto, nuovi equipaggiamenti e armi da craftare, qualche attività secondaria come la pesca e la gestione di una fattoria. Tutto molto bello, ma tutto già visto.
Non si può pertanto dire che ci siano aspetti rivoluzionari in Tales of Arise. Ha al suo interno tutte cose già presenti in miriadi di altri RPG, ma riesce comunque a risultare accattivante da giocare, oltre che per la trama, anche per via di due cose: il sistema di combattimento e la mappa, elementi a cui Bandai ha voluto dare una svecchiata in questa sorta di “nuovo inizio” della saga, e i risultati si vedono.

Ogni personaggio è portato per un particolare approccio in battaglia ed è dotato di attacchi speciali in grado di fornire vantaggi contro particolari tipi di nemici.
Partiamo dal combattimento.Qui i cambiamenti sono andati tutti in direzione dell’azione piú sfrenata, con combattimenti rapidi ed esaltanti pieni di effetti su schermo, urla e colpi spettacolari. Tutto si basa sul concatenare attacchi base con altre mosse piú potenti chiamate, le cosidette Arti, in modo da creare delle combo devastanti. Gli scontri sono quindi un tripudio di mosse che una volta apprese a dovere permettono di eseguire quelle che sembrano delle vere e proprie coreografie: si possono colpire i nemici con un attacco elementale, per poi sbalzarli in alto e martoriarli di colpi a mezz’aria come fossimo su un Devil May Cry, schivare un attacco in arrivo e contrattaccare fulmineamente stordendo per un attimo il nemico. Il combattimento è quindi un’esperienza esaltante, grazie anche alla presenza di mosse speciali dagli effetti diversi per ognuno dei protagonisti e alla presenza di tecniche di coppia che vedono piú di personaggio eseguire contemporaneamente un colpo potentissimo a mò di Rasengan/Kamehameha/United States of Smash.

Il sistema di abilità dei personaggi progredisce tramite l’uso di punti, prima però è necessario sbloccarne di nuove completando degli obiettivi in game.
Tutta questa azione però non sacrifica totalmente il lato tattico degli scontri, soprattutto alle difficoltà di gioco piú alte, dove bisogna fare maggiore attenzione al pattern di attacco dei nemici, alle classiche debolezze/resistenze elementali e alla gestione dei compagni. Parlo di gestione perchè in fight è possibile comandare direttamente solo un elemento del party alla volta (si può scegliere quale perfino nel bel mezzo dello scontro tramite il menú) mentre gli altri vengono gestiti da un’I.A. che si appoggia su schemi strategici predeterminati o personalizzati. Generalmente la cosa funziona bene, con i compagni che attaccano e schivano in maniera perfetta, salvo qualche raro caso in cui l’I.A. decide che è il momento di far lanciare tutti dentro un attacco areale. Non capita spesso, ma capita. Comunque sia a parte questi saltuari attacchi di demenza artificiale, per il resto i compagni si comportano bene e rispettano le strategie scelte, che vanno comunque costantemente adattate alla situazione. Se d esempio si è a corto di item si può scegliere di vietarne l’utilizzo ai compagni, o se si sta per affrontare un nemico particolarmente ostico gli si può intimare di mantenere le distanze e di limitare l’uso di certi attacchi. Quest’ultima funzione è particolarmente utile per un utilizzo saggio dei Punti Cura, preziosi punti legati all’utilizzo di spell curative e che non è possibile ricaricare una volta consumati se non con l’uso di item, qualche buff speciale o riposando ad un falò o in una locanda.

Negli accampamenti oltre a recuperare i PC è possibile rivedere tutti i filmati di gioco e cucinare piatti in grado di fornire vari bonus in game.
E l’aver citato falò e locande ci porta alla gestione della mappa, o per meglio dire delle mappe, dato che non ci troviamo di fronte ad un open world. Tales of Arise opta per una piú tradizionale suddivisione in aree separate da caricamenti (molto rapidi) con tanto di nemici e risorse che respawnano nel caso si decida di darsi al farming per ottenere qualche equipaggiamento migliore. Nonostante non ci si trovi di fronte a zone aperte però Bandai ha fatto di tutto perché non ce ne accorgessimo. Le mappe sono difatti ben strutturate e con un level design che permette anche di evitare i nemici se si vuole, sfruttando alcune scorciatoie. Questo è vero sia che ci si trovi all’esterno o all’interno di edifici e strutture: ad esempio nel caso di un edificio suddiviso in piani è possibile saltare da un piano all’altro o camminare su delle sporgenze per passare inosservati e conservare Punti Cura per una fight piú impegnativa o per sbloccare una strada bloccata da qualche ostacolo, altro utilizzo molto importante dei PC che permette di raggiungere aree altrimenti irrangiungibili. Peccato che questa libertà di movimento, che rappresenta una novità gradita per la serie, non sia stata sfruttata per rendere ancora piú interessanti i combattimenti, con l’inserimento di attacchi a sorpresa da effettuare sui nemici ignari, meccanica tra l’altro già presente in altri Tales of. Una mancanza davvero strana di cui è inevitabile non sentire la mancanza visto che qui aggirare i nemici sarebbe stato possibile in modo molto piú fantasioso e appagante.
Anime in movimento
Tales of Arise dal punto di vista grafico rappresenta indubbiamente l’apice della serie. È il primo Tales a fare uso dell’Unreal Engine 4, e il risultati si vedono. I modelli di personaggi, creature ed edifici presentano una buonissima mole poligonale e inoltre, grazie all’utilizzo di un toll chiamato Atmosferic Shader, Bandai è riuscita a creare una delle migliori opere in cell shading presenti sul mercato. Il gioco sembra letteralmente un disegno che ha preso vita. A nulla servirebbe comunque tanta bellezza se non accompagnata da un comparto artistico altrettanto valido e per fortuna anche qui troviamo l’eccellenza: il comparto artistico è stato curato da Minoru Iwamoto, che ha realizzato anche il character design dei personaggi e ha deciso di giocarsi tutto sull’uso di colori vividi e sgargianti.

Le mappe, seppur limitate, sono sempre arricchite da scenari mozzafiato.
Il risultato è che anche quando gli ambienti sono cupi o bui, il gioco risulta sempre vivace e intrigante per l’occhio. Riguardevole anche la varietà di luoghi e ambientazioni e lo sforzo impiegato per riempirli di più dettagli possibile per non farli apparire spogli. Non vi nascondo comunque che alcune sbavature ci sono come i personaggi che mantengono pose anche fin troppo statiche durante le cutscene, o una scarsa varietà dei modelli dei personaggi terziari tutti uguali. Sono pecche che comunque non possono in alcun modo sminiure l’ottimo lavoro dal team artistico.
Nulla da eccepire nemmeno dal canto audio. Le musiche sono state composte dal maestro Motoi Sakuraba (compositore tra l’altro delle musiche di tutti i Dark Souls) che da sempre si occupa delle soundtrack dei Tales e che ci ha offerto anche stavolta un lavoro strabiliante. Da segnalare anche quella che è la vera e propria opening del gioco “HIBANA” di Kankaku Piero, canzone che accompagna l’intro animata realizzata dallo studio d’animazione Ufotable. Buono il doppiaggio inglese e superbo come sempre quello giapponese. Abbastanza accurati i sottotitoli in italiano.