God of War – Recensione (36 ore di gioco dopo) – La rabbia ardente e il gelo del Nord

God of War. Quanto hype ha generato questo gioco? Tanto. Alcuni direbbero troppo,  ma visto il bombardamento mediatico attuato in fase pubblicitaria non c’era da aspettarsi altrimenti. Un bombardamento così fitto che nemmeno i campi di calcio si sono salvati. Se non sapete di cosa parlo andate sul vostro motore di ricerca preferito e digitate “Kratos Lazio-Roma”, per assistere ad una mossa geniale di marketing.  D’altronde se vuoi raggiungere il cuore di un italiano prendilo per il pallone. Giusto?  Pubblicità a parte comunque, c’è poco da fare. Stiamo parlando di una serie che è stata di punta per ben due generazioni di Playstation. Ricordo ancora i boati dell’E3.

Se ve li siete scordati rinfrescatevi la memoria:

Che si generasse hype e che il gioco vendesse era dunque inevitabile: ben 3 milioni di copie in 3 giorni a quanto pare. Quello che ha stupito è stata l’accoglienza della critica. I nostri più eminenti e longevi colleghi hanno accolto il titolo con una standing ovation e votoni astronomici, tanto da far versare lacrime di gioia a Cory Balrog, direttore creativo di Santa Monica Studio che ha guidato i lavori dei primi due capitoli della saga e anche di quest’ultima nordica avventura di Kratos.

E qui ora ci sono io, che forte della nostra copia review gentilmente concessaci,  mi ritrovo a dover esprimere un parere su quello che viene acclamato come un capolavoro. Se scorrete fino a fondo pagina vedrete che in effetti il gioco ha preso un votone, ma non così alto da farlo entrare nella classifica dei nostri “Giochi Migliori”, ovvero i giochi col voto più alto presenti su questo sito. Il perché sta tutto nelle righe sotto. Ora pigliate la vostra ascia e seguitemi: il viaggio inizia.

Un semi-dio e suo figlio

God of War
Kratos e Atreus, i due protagonisti assoluti della storia.

Tutto comincia da una fine e cioè dalla morte di una persona. Si tratta della madre di Atreus, il figlio di Kratos che gli farà da comprimario per tutta la durata dell’avventura. Il giovane è solo uno dei tanti cambiamenti presenti in questo God of War. Gli altri sono: bhè, tutto il resto, a cominciare dall’ambientazione. Il Fantasma di Sparta,  non si muove più nella Grecia mitologica, nella quale siamo stati abituati a vederlo seminare morte e distruzione: l’ha abbandonata da lunghi anni e ora, invecchiato, ma ancora prestante, Kratos vive a Midgard, mitico Regno degli Uomini della cosmologia Norrena. Possiamo presupporre che sia fuggito per lasciarsi il passato alle spalle e ricostruirsi una vita, e la presenza di Atreus testimonia che almeno era riuscito nel ritrovare l’amore di una donna.  Con la morte di quest’ultima però questo apparente nuovo equilibrio si spezza, e Kratos e il figlio, si imbarcano in un viaggio  per mantenere la promessa di spargere le sue sue ceneri dal picco di una montagna.  Ovviamente non si tratta di una scampagnata. Il percorso è arduo e irto di pericoli e inoltre strane forze stanno sconvolgendo l’equilibrio naturale di Midgard. I morti escono dalle loro tombe e terribili creature si aggirano a caccia di qualunque cosa si muova. A complicare il tutto c’è il fatto che il rapporto fra padre e figlio è lungi dall’essere idilliaco. Atreus è in preda al lutto e non si fida del padre, e Kratos, dal canto suo, nonostante parli spesso in maniera saggia, ha verso il giovane un atteggiamento burbero e dispotico, talmente tanto che a volte durante i dialoghi riesce difficile non provare delle fitte di insofferenza nei suoi confronti per le parole dure che rivolge al figlio. Il viaggio però si deve fare: lo impone l’amore verso la defunta, unico punto in comune fra i due. Dunque il viaggio comincia, un viaggio che in termini narrativi regala momenti brutali, fatti di adrenaliniche battaglie alternati ad altri più contemplativi e carichi di emozione, come vuole la tradizione del topos del viaggio.

Kratos è cambiato rispetto a come lo ricordavamo. Non è più la rabbia a dominarlo, ma una sorta di cupa e pragmatica saggezza che lo fa spesso entrare in conflitto con il figlio.

E sebbene il plot non spicchi assolutamente per originalità, visto che gli argomenti morte-lutto-famiglia sono triti e ritriti, a catturare e a rendere speciale la trama di God of War è il ritmo assolutamente perfetto della narrazione. Fin dall’inizio, complice una regia pazzesca che dimostra ancora una volta come videogioco e cinema stiano sempre più avvicinandosi l’uno all’altro, la storia ci catapulta in un vortice di situazioni diverse, ma sempre capaci di mantenere alta l’attenzione del giocatore/spettatore. Merito della sceneggiatura indubbiamente, ma anche,  come ho già detto, dell’ottima regia che si sofferma sempre sui dettagli giusti dando forza ad ogni scena, che si tratti della frenesia di un combattimento, o di un attimo di cordoglio. Ci sono poi un sacco di linee di dialogo fra Kratos e Atreus inserite all’infuori delle cutscene, quando è il giocatore ad avere il controllo, e che libero dalla telecamera fissa dei capitoli precedenti, può orientarla a sua piacimento e “vivere” a suo modo questi dialoghi, i maniera molto simile a quello che accade in The Last of Us e negli Uncharted di Naughty Dog. Anche qui capita di sentire Kratos iniziare un discorso, interrompersi perché capita un combattimento tra capo e collo perché ci si è spinti in una zona con dei nemici, e poi riprenderlo al successivo momento di calma. E’ un metodo che crea un’incredibile senso di continuità e immersione nella storia come quello che si avverte quando si sta guardando un film e i personaggi accantonano un discorso per poi riprenderlo in seguito. E tutto il gioco scorre così, fra scene mozzafiato e dialoghi semplici nella forma, ma non nel contenuto.

Non nego che nonostante fosse chiaro che questa incarnazione di God of War sarebbe stata qualcosa di totalmente diverso dai precedenti, non mi sarei mai aspettato una tale complessità a livello narrativo. Ancora una volta siamo di fronte a cose sicuramente già viste e sperimentate da altri, ma, ancora una volta queste cose sono usate in maniera magistrale. Fenomenale inoltre anche l’adattamento di tutti gli elementi presi dalla mitologia nordica. Chi se ne intende un po’ delle leggende dell’antica religione scandinava ritroverà le trasposizioni di alcuni dei suoi personaggi, delle sue creature e dei suoi luoghi più celebri, ma anche tanti piccoli riferimenti a svariate storie minori e meno conosciute; una dimostrazione della cura che Santa Monica ha profuso nella creazione del mondo e della lore del gioco.

Dalle Lame al Leviatano

God of War
Lo Scudo del Guardiano è il principale strumento di difesa di Kratos, ma può essere anche utilizzato per offendere; facendo rimbalzare indietro i colpi a distanza dei nemici per esempio.

Se giunti a questo punto vi state domandando preoccupati “Ma Kratos li fa ancora i massacri?”, ora vi risponderò. E’ una domanda più che lecita, in fondo. Nonostante tutti i cambiamenti, non si può mettere Kratos in un videogioco e non renderlo in grado di massacrare orde di nemici, no? Sarebbe quantomeno blasfemo. Io vi dico, tranquillizzatevi. Anche qua, si ha modo di fare delle belle stragi, anche se in maniera diversa dalla quale eravamo abituati. Il sistema di combattimento si basa ancora sull’utilizzo di attacchi pesanti e leggeri che possono essere concatenati fra loro, solo che stavolta lo si fa come in un action-rpg. Abbandonata la telecamera fissa, ci si ritrova a far uso di una telecamera in terza persona decentralizzata poco dietro la spalla, che rende il combattimento molto immersivo. Ora bisogna attaccare, tenere d’occhio i nemici, schivare e anche parare grazie con uno scudo retrattile, nuova arma principale dello Spartano, assieme all’ascia magica Leviatano. Quest’ultima, metodo d’offesa principale, può essere utilizzata sia per colpire da distanza ravvicinata che come arma a distanza, grazie alla sua peculiarità: l’ascia può tornare magicamente nelle mani di Kratos ogni volta che viene lanciata, come il martello Mjiolnir del dio norreno Thor. Lo scudo, chiamato Scudo del Guardiano, è invece utilizzabile per parare gli attacchi o come arma contundente in combinazione con i potenti pugni di Kratos.

Kratos può effettuare delle brutali “esecuzioni” sui nemici dopo averli storditi abbastanza con dei colpi semplici.

La presenza di due sole armi potrebbe far sorgere qualche dubbio sulla complessità del sistema di combattimento, soprattutto all’inizio, quando appare piuttosto limitato per numero di mosse eseguibili. Ben presto però entrano in campo altri elementi che lo rendono più profondo, come la possibilità di avere l’ausilio di Atreus in battaglia, che può distrarre o indebolire i nemici con le frecce scagliate dal suo arco magico Artiglio. Quando poi il God of War svela appieno la sua componente rpg allora le cose iniziano a farsi ancora più interessanti. Sappiate infatti che il parco mosse di entrambi i personaggi principali può essere potenziato con l’acquisizione di abilità tramite l’utilizzo di punti esperienza e ulteriormente modificato grazie ad un sistema di modifica dell’equipaggiamento. Ad esempio potete far scoccare frecce ad Atreus più velocemente grazie ad un’abilità e renderlo in capace di supportare il padre con l’utilizzo di cristalli facendogli indossare un tipo di armatura piuttosto che un’altra. Un’altro esempio? La Leviatano può essere modificata incastonando delle rune al suo interno che consentono allo Spartano di effettuare dei potenti attacchi runici dagli effetti disparati e collegati perlopiù al potere del gelo di cui è intrisa l’ascia.

Il nano Brok e suo fratello Sindri saranno i fabbri a cui dovrete rivolgervi per potenziare il vostro equipaggiamento. Per il giusto prezzo si intende.

Parlando di Kratos nello specifico, va aggiunto che l’equipaggiamento indossato, potenziabile tramite un sitema di crafting semplice ed intuitivo, va a influire anche sui parametri delle sue statistiche, proprio come in un rpg, andando a modificare il suo output di danni, quantità di salute, ecc. Dopo che vengono rese possibili queste modifiche si devono affrontare gli scontri con più ponderatezza, cercando di gestire tutta la varietà di attacchi disponibili per affrontare al meglio i nemici. Il button smashing non vi salverà: dovrete mantenere la freddezza e la capacità di decidere come comportarvi, ma anche essere pronti a mettere a dura prova i vostri riflessi, soprattutto alle difficoltà più alte.  Ma non finisce qui, perché ad arricchire ulteriormente il combattimento troviamo anche la Furia dello Spartano. Si tratta di una specie di, scusate il gioco di parole, ” Modalità God Mode”, in cui Kratos entra in uno stato di frenesia di battaglia e può massacrare a suon di cazzotti, pedate e pestoni gli avversari, recuperando al contempo salute. Non la si può usare a piacimento: bisogna prima colpire normalmente gli avversari e riempire un’apposita barra, per cui bisogna fare attenzione ad utilizzarla nei momenti critici, quando più avrete bisogno di un modo per uscire da una situazione difficile. Vi dico che non sempre però ci riuscirete. Il motivo? Picchiare i nemici con la Furia è, oltre che spettacolare, incredibilmente soddisfacente e cederete spesso alla tentazione di “sprecarla” per fare scempio dei nemici davanti a voi. E non dite di no. Farlo vi diverte. Altrimenti non giochereste a God of War.

La bellezza del superfluo

Le aree di gioco sono molto vaste e ricche di item e segreti.

In termini di gameplay, oltre al combattimento. questo God of War ha da offrire anche altro: parlo delle fasi esplorative. Come per il fight system, anche il mondo di gioco subisce un aumento graduale di complessità nella sua struttura, iniziando come quello che sembra come un action su “binari”, fino a sfociare in una sorta di simil open world dagli ampi scenari. Il cambiamento accade dopo l’arrivo ad una location chiamata il Lago dei Nove e l’introduzione del Bifrost (momento fantastico), ci si ritrova a poter esplorare, se non proprio liberamente, dato che sono presenti alcune limitazioni legate alla trama, una disparata quantità di ambientazioni ricche di scrigni, oggetti e altri collezionabili. Non parliamo di dei raccoglibili fine a se stessi: ogni oggetto ha una sua utilità, come ad esempio le Mele di Idunn, in grado di aumentare la vita massima di Kratos. Molte volte sono presenti degli enigmi ambientali da risolvere per raggiungere determinate ricompense, il più delle volte sfruttando le peculiarità del Leviatano. Sia chiaro che non si tratta di rompicapo complessi da avventura grafica che dopo un po’ ti viene la voglia di prendere a testate lo schermo; basta solo un po’ di spirito d’osservazione e il gioco è fatto. Ricercare questi item richiede di deviare dal percorso principale e di perdersi nei meandri di caverne, dungeon e strutture, totalmente opzionali.

God of War
Oltre ad aiutare in battaglia scagliando frecce e eseguendo prese sugli avversari, Atreus sarà utile anche nella risoluzione di svariati enigmi.

E sapete una cosa? Viene voglia di esplorarli, perché sono inseriti ottimamente all’interno del ritmo della storia, senza creare forzature eccessive. Per forzature mi riferisco a quelle situazioni in cui una sezione opzionale spezza la narrazione, risultando fastidiosa. Avete presente di che parlo? Provo a spiegarmi. Parlo di quei momenti in cui la storia si fa incalzante e sei la che devi andare a bastonare un boss e non vedi l’ora, ma poi ti accorgi che lì, proprio lì, nell’angolino del corridoio che porta allo scontro decisivo, c’è una deviazione. E dove porta quella deviazione? Ad una stanza con qualche collezionabile o item che magari possono anche risultare utili, ma dio! Mettermelo lì, proprio ora che ero tutto galvanizzato dagli eventi mi smorza tutta la carica e rompe l’immersività, perché difficilmente un personaggio in quella situazione si metterebbe ad esplorare. Ecco, giocando a God of War non mi è capitato quasi mai di pensare  “Mmm, non ci sta”, quando prendevo e mi avventuravo in qualche sezione palesemente extra perché sono state inserite sempre al momento giusto, senza spezzare il ritmo narrativo. Questo perché anche durante queste “scampagnate” troviamo dialoghi fra Kratos e Atreus che ne definiscono meglio le personalità e altri elementi che ci ricollegano alla trama principale e fanno riferimento alla storia del mondo di gioco, rivelandocene gustosi dettagli. Ripeto però che si tratta di sezioni puramente opzionali. Quindi a voi starà la scelta se procedere spediti verso il finale o prendervi tempo per godervi il “viaggio” ed esplorare, ottenere oggetti utili e approfondire la conoscenza di Midgard e degli altri Regni che potrete visitare grazie al Bifrost.

PS4 mostra i muscoli

God of War
Gli incontri col serpente Jǫrmungand, sono fra i momenti che più danno dimostrazione della bellezza tecnica del titolo Santa Monica.

Nonostante siano passati anni, sono ancora freschi nella memoria i pazzeschi risultati tecnici raggiunti da Santa Monica con i loro lavori precedenti e anche qui il team non si smentisce. Graficamente parlando ci troviamo di fronte ad uno dei migliori titoli di questa generazione. L’imponenza di certe architetture, la fluidità delle animazioni dei personaggi, la mole di poligoni degli oggetti; tutto è da far rimanere a bocca aperta. Certo forse una cosa manca: quella voglia di osare che aveva contraddistinto gli altri God of War. Mi riferisco in particolare al combattimento con quei boss enormi, così tanto da diventare essi stessi degli scenari su cui Kratos si muoveva. Qui manca quel qualcosa di così estremo (salvo in un solo caso di cui però non vi parlerò perché dovrei spoilerare troppe cose), e sebbene si rimanga comunque incantati dalle ambientazioni, non c’è quella sensazione di stupore che si provava a vedere Kratos scalare Crono a colpi di spada. Un piccolo rammarico certo, ma che non cancella la bellezza degli scenari e in particolare del sistema di illuminazione che viene utilizzato ottimamente per dare un tocco di fascino in più a certe location. Rimarchevole lo stile artistico che mescola elementi tradizionali della mitologia nordica e reinterpretazioni dal taglio più moderno che richiamano in un certo modo l’estetica del mondo norreno targato Marvel.

Parlando di puro framerate va detto che si registra qualche calo solo entrando in determinate zone, solitamente quelle particolarmente ampie, ma si tratta di pochi attimi che la console usa probabilmente per “prendere il respiro” prima di dover caricare una porzione di mappa sconosciuta. Salvo questi momenti però il frame rate rimane fisso sui 30 FPS, e non cala mai, nemmeno in mezzo alle battaglie più frenetiche. La colonna sonora è stata curata da Bear McCreary, che forse qualcuno si ricorderà in particolare per le stupende musiche di Battlestar: Galactica, ed è composta da brani strumentali altamente evocativi, dove abbondano cori, tamburi ed altre cose che esaltano con facilità. Ed esaltante è il termine migliore per descrivere alcune delle track, come il tema principale e “Salvation”. Perfetto il doppiaggio inglese, in particolare la performance di Christopher Judge, che risulta particolarmente azzeccato per incarnare questa nuova versione matura dello Spartano. Convincente anche l’interpretazione dei doppiatori nostrani.

Recensione
  • Valutazione Finale
    94Voto

    God of War è un esercizio di stile che merita attenzione. Un titolo curato sotto ogni punto di vista e che ci da un buon esempio di come si possa rinnovare una serie in maniera efficace. A mio parere si tratta del migliore capitolo della serie e lo consiglio vivamente a chiunque possegga una PS4 sia in cerca di un gioco che sappia regalare emozioni, oltre che una sana dose di divertimento. Nonostante questo non mi sento di osannarlo come nuova pietra miliare del genere videoludico come alcuni lo stanno etichettando. Come ho scritto all'inizio della recensione il voto assegnatogli non lo fa nemmeno rientrare nella nostra top ten dei giochi col voto più alto da noi recensiti. Questo per un motivo solo: non sono riuscito a trovarlo in alcun modo innovativo o particolarmente originale. Di sicuro si tratta di un capolavoro, ma non si può negare che sia fortemente in debito verso altre produzioni per quanto riguarda stile narrativo, temi trattati e gameplay. Insomma, God of War è un gioco ottimo, di una qualità difficile da raggiungere, ma non qualcosa che possa sentirmi di definire "un nuovo standard". Detto questo, tanto di cappello a Santa Monica e al signor Barlog. Ci avete fatto vedere un lato di Kratos che non pensavamo neanche lontanamente potesse esistere. Aspettiamo con ansia il vostro prossimo lavoro.

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