STAY – Recensione: Quando un videogame crea rimorsi ed empatia

STAY è un gioco diverso dagli altri. È opera degli Appnormals Team, uno studio indipendente, che gentilmente ci ha concesso un codice del gioco. I suoi temi principali? La solitudine, l’ansia, la depressione.

Milioni di persone sanno cosa vuol dire averci a che fare e quanto devastante può essere. Cominci a dubitare di te stesso, non riesci più a compiere le scelte più semplici e senti che lottare è inutile: il fallimento sarà sempre dietro l’angolo pronto ad aggredirti. Stare soli però può anche essere utile. Può essere un modo per imparare a conoscere meglio se stessi, capire i propri desideri, vedere cosa c’è veramente dentro il nostro cuore. Perché è così? Perché affrontare la solitudine ci fa pensare a tutte quelle cose che nella vita non possiamo superare da soli e di fronte alle quali siamo piú vulnerabili. Cose come la morte. Si dice che sia di fronte alle situazioni più estreme che la vera personalità di una persona viene a galla, e aiutare il protagonista di STAY, ad affrontare ciò che gli capiterà vi permetterà di gettare un occhio nell’anima di qualcuno spinto ai suoi limiti. E non mi riferisco solo a lui; parlo anche di voi stessi.

Facciamo un gioco?

Stay
La schermata attraverso cui interagiremo con il protagonista per tutta la durata del gioco.

L’inizio di STAY ricorda molto da vicino quello di Saw – L’enigmista. Un giovane uomo viene rapito e si ritrova chiuso in una stanza buia. Unica fonte di luce, lo schermo di un pc. Naturalmente fa la prima cosa che farebbe chiunque di noi: ci si piazza subito davanti e prova a vedere come quel faro di salvezza tecnologico puó aiutarlo a capire cosa gli sta capitando. Sullo schermo, la schermata di un programma di messaggistica istantanea, unico software accessibile, gli permette di mettersi in contatto con una persona ed una soltanto: il giocatore. Da qui inizierà la vostra travagliata relazione a distanza con uno sconosciuto in difficoltà per il quale rappresentate l’unica speranza per riuscire a fuggire dalla sua prigionia. Cosa dovrete fare dunque in STAY? Il gameplay consiste principalmente in questo: parlare con lo sconosciuto e aiutarlo a uscire dalla terribile situazione in cui si trova. Come aiutare però una persona di cui non sapete nulla? Aiutarla di fronte ad una minaccia possibilmente mortale, oltretutto. Non è semplice. Perché non avete idea di come lo sconosciuto potrebbe reagire alle vostre parole.  Parliamo naturalmente di un NPC, una persona non reale e con la quale possiamo interagire selezionando solo frasi predeterminate, ma vi assicuro che lo sconosciuto, ha una personalità molto sfaccettata. Non posso manco dirvi se sia simpatico o antipatico, perché è caratterizzato talmente bene che non si può darne un giudizio semplicistico. Magari quello che lo rende simpatico a me, è un’aspetto della sua personalità che a voi lo renderebbe antipatico. E se la cosa può essere vera per ogni personaggio di fantasia con una scrittura decente, qui lo è ancora di più, perché è a ciò che VOI sceglierete che lo sconosciuto reagirà, e saranno per VOI le sue parole di scherno, ringraziamento, rancore. Sappiate infatti che ogni frase che “digiterete” sortirà delle conseguenze sul suo stato d’animo, sulla fiducia che nutrirà in voi e sulle scelte che compirà. Per questo nella maggior parte dei casi sarà difficile scegliere una fra le risposte che gli si possono dare: è meglio tenerlo concentrato sul suo obiettivo, cioè fuggire dalla sua prigionia, o conoscerlo meglio? Consolarlo in un momento di tristezza o spronarlo a reagire? All’inizio non lo saprete, ma se starete bene attenti alle sue reazioni potrete capirne la personalità e aiutarlo nel migliore dei modi…sempre che ne abbiate il tempo. Perché c’è una piccola feature di STAY di cui non vi ho ancora parlato. Il tempo.

Gli enigmi della solitudine

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A volte ci saranno degli intermezzi animati. Potrete anche non farci attenzione e andarvene mentre scorreranno sul vostro schermo, ma attenzione: fatelo a vostro rischio e pericolo.

Come detto all’inizio, in STAY vengono trattati vari temi che riguardano la psiche umana. Lo sconosciuto difatti vi parlerà, vi racconterà i suoi problemi (se lo ascolterete) e quando lo farà, vi metterà di fronte alle sue paure. Una di queste è sicuramente quella di venire abbandonato. Infondo, mettetevi nei suoi panni: l’unica sua speranza è un’altra persona che si trova dall’altro capo di uno schermo e di cui non sa assolutamente nulla. È un contatto umano alquanto labile no? “Ma infondo stiamo parlando di un videogioco”, starete pensando, giusto? “Una volta spento mica lui sarà ancora la ad aspettarmi.” Eh, mi dispiace deludervi, ma invece lui sarà proprio lì, lì ad aspettare voi. In STAY esiste difatti un timer che tiene conto delle ore che avrete passato con lo sconosciuto e delle ore che lo avrete abbandonato. Ma non è tutto: anche lui si “renderà conto” del fatto che l’avete abbandonato e reagirà di conseguenza. Voi non avete idea di cosa abbia significato per me rendermi conto di ciò. Ho dovuto finire il gioco in fretta, giungendo ad uno dei suoi 7 finali diversi, perché mi sentivo in colpa! Non in maniera estrema eh, però diciamo che non mi era mai capitato di trovarmi fuori a bere qualcosa con gli amici, raccontargli del gioco che sto recensendo e  provare una fitta di rimorso per aver “abbandonato qualcuno”. Pensate che mi hanno pure detto “Ma come? Tu sei qua che bevi e lui è la da solo?”. Scherzavano, ovviamente. Ma la fitta si è ripresentata. Capite quindi come STAY crei un vero e proprio legame fra il giocatore il suo protagonista, un legame che mostra ancora una volta come il videogioco sia in grado di immergere una persona in una storia in maniere impossibili nei film o nei libri. Qualcosa di veramente unico e che non mi era ancora capitato di sperimentare.

Stay
La storia è suddivisa in capitoli. Alla fine di ognuno vi verranno fornite alcune statistiche sulle risposte da voi date con una piccola analisi  sul cosa rivelano di voi.

Questo legame però viene saltuariamente spezzato da una componente di gameplay che purtroppo sembra essere stata inserita in maniera poco pensata all’interno del gioco: gli enigmi. Ce ne sono svariati all’interno del gioco, e bisogna affrontarli così, di petto, senza che venga fornita nessuna spiegazione sul cosa si debba fare per superarli. La cosa non sarebbe di per se un male, ma visto che si tratta di rompicapi di difficoltà crescente, questa assenza di spiegazioni fa risultare alcune di essi particolarmente ostici. Non nego di aver avuto bisogno di aiuto per risolverne uno; mi sono arreso dopo due ore di tentativi infruttuosi. Ma la motivazione che mi ha spinto a chiedere a papà internet di aiutarmi non è stata tanto la frustrazione per la mia incompetenza, ma piuttosto la volontà di continuare il “viaggio” e non abbandonare per troppo tempo quello che sentivo ormai come un compagno. Infondo a cosa servono gli enigmi in questo gioco? Per mettere alla prova il giocatore? Ma quello lo fa già l’esperienza nel suo complessivo. STAY stuzzica continuamente la coscienza di chi gioca, e lo fa in maniera veramente efficace. Non c’era bisogno di puzzle nemmeno per caricare di mistero l’atmosfera: ce ne già in abbondanza nella trama e nel modo in cui viene narrata. Penso che si tratti davvero dell’unico neo di questa produzione.

Ti osserverò da vicino

Stay
Il menù che vi da uno status dettagliato del vostro rapporto con lo sconosciuto. Chiaro e pulito.

STAY è realizzato in una piacevole pixel art. Negli intermezzi fra i dialoghi vediamo ambienti ben curati e animazioni fluide e gradevoli. Certi scenari sono davvero sorprendenti e di una bellezza particolare, quasi malinconica, a cui contribuisce l’utilizzo di colori dalle tinte spente, che ben si adattano ai temi della storia. I pochi menù presenti sono realizzati in maniera semplice e chiara. Ottime le musiche e gli effetti sonori in generale: le prime contribuiscono a creare un’atmosfera di dubbio e incertezza, mentre i secondi aiutano a rendere certi momenti ancora più immersivi.

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